Responsabiltà di vigilare dei soci di società semplice
Con la Pronuncia n 24811 del 9 settembre 2025 la Casssazione tratta l’onere probatorio relativo all’elemento soggettivo nelle sanzioni amministrative per violazioni fiscali, in relazione alla responsabilità dei soci di società di persone per “culpa in vigilando”.
La Cassazione ha rigettato alcuni motivi del ricorso confermando la sentenza di secondo grado richiamanto il principio enunciato dalla pronincia n 7127 del 2019: “la mancata specifica presa di posizione dell'Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente in via subordinata non equivale ad ammissione dei fatti posti a fondamento di essi, né determina il restringimento del «thema decidendum» ai soli motivi contestati, posto che la richiesta di rigetto dell'intera domanda del contribuente consente all'Ente impositore, qualora le questioni da questo dedotte in via principale siano state rigettate, di scegliere, nel prosieguo del giudizio, tra tutte le possibili argomentazioni difensive rispetto ai motivi di opposizione.
Vediamo il caso specifico a cui si fa riferimento.
Soci e culpa in vigilando nelle società semplici: Cassazione
Un socio accomandatario e una socia accomandante di una società in accomandita semplice, sono stati destinatari di un avviso di accertamento riguardante l’utilizzo di fatture emesse da una Srl. priva di struttura organizzativa, qualificando tali fatture come soggettivamente inesistenti ai fini dell’Iva, generando maggiori imposte e sanzioni tributarie.
La Commissione tributaria provinciale accoglieva i ricorsi, escludendo la responsabilità dei soci mentre in secondo grado la Commissione tributaria regionale ribaltava la decisione, affermando il dovere di vigilanza sancito dall’articolo 2320 del codice civile e riconoscendo la responsabilità solidale dei soci, con particolare modo del socio accomandatario.
Contro tale sentenza, i ricorrenti proponevano ricorso per Cassazione affidandolo a cinque motivi d’impugnazione.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso confermando la sentenza di secondo grado poichè alcuni motivi sono stati ritenuti inammissibili per difetto di specificità e autosufficienza.
La Corte ha evidenziato che tali motivi evidenziavano contestazioni generiche e cnon chiare, con una sovrapposizione di questioni di fatto e diritto incompatibili.
La Corte ha ritenuto però opportuno sottolineare due importanti principi giuridici:
- con riferimento al principio di non contestazione nel processo tributario, ex articolo 115 del codice procedura civile, la Corte sottolinea come nel processo tributario, debba essere coordinato con la specialità del contenzioso: “la mancata specifica presa di posizione dell'Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente in via subordinata non equivale ad ammissione dei fatti posti a fondamento di essi, né determina il restringimento del «thema decidendum» ai soli motivi contestati, posto che la richiesta di rigetto dell'intera domanda del contribuente consente all'Ente impositore, qualora le questioni da questo dedotte in via principale siano state rigettate, di scegliere, nel prosieguo del giudizio, tra tutte le possibili argomentazioni difensive rispetto ai motivi di opposizione (Cassazione, 13 marzo 2019, n. 7127). Il principio tutela la possibilità per l’Ufficio di articolare una difesa più ampia e articolata nei diversi gradi di giudizio, evitando di limitare il thema decidendum ai soli motivi esplicitamente contestati in primo momento;
- viene ribadito il principio secondo cui, ai fini dell’esclusione della responsabilità in campo sanzionatorio, grava sul contribuente l’onere di dimostrare la totale assenza di colpa, ossia la condizione di ignoranza incolpevole non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza (articolo 5 Dlgs n. 472/1997). Tale onere riguarda particolarmente, in questo contesto, la responsabilità per "culpa in vigilando": la mancata vigilanza diligente da parte dei soci, specie accomandatari, espone a sanzioni anche in assenza di dolo diretto o di partecipazione attiva alle condotte illecite.
La Cassazione afferma che: “occorre poi ribadire che, in relazione alle sanzioni amministrative per violazioni tributarie, ai fini dell'esclusione di responsabilità per difetto dell'elemento soggettivo, grava sul contribuente, ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997, la prova dell'assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d'ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l'uso dell'ordinaria diligenza”.
La pronuncia ha un riferimento esplicito alla diligenza e alla prudenza che devono essere adottate dai soci di società di persone nella vigilanza sulla gestione societaria.
La responsabilità solidale si estende anche a chi non ha preso parte direttamente alle condotte, evidenziando come sia essenziale dimostrare con prove concrete l’assenza di colpa, nonché l’attuazione di una vigilanza efficace e continuativa.
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